Ipogeo del Belvedere
Il territorio di Terricciola in età etrusca.
Il territorio di Terricciola occupa una vasta area di rilievi collinari ubicati lungo il versante occidentale della vallata del fiume Era. In età etrusca tale territorio venne a trovarsi all’interno della sfera di influenza della città di Volterra. Tra la metà del VI e il V sec. a.C. una serie di nuovi insediamenti si sviluppa sulla sommità di numerosi rilievi compresi tra il corso dell’Era e del Cascina. Una piccola aristocrazia proveniente dal centro urbano occupa questi siti, che segnano il confine tra il territorio volterrano e quello pisano.
Nei decenni finali del IV sec. a.C. si assiste ad una sorta di “nuova colonizzazione” delle campagne, messa in atto ancora una volta dal centro di Volterra. La città vive un momento di forte crescita demografica che si riflette nel territorio con la nascita di nuovi insediamenti. Questa tendenza continua nei secoli successivi, per interrompersi solamente alle soglie dell’Età Romana (I sec. a.C.), quando la maggior parte degli abitati appare ormai abbandonato.
A Terricciola e in alcune delle frazioni circostanti sono presenti numerosi ambienti ipogei, scavati nella roccia sabbiosa che caratterizza tutto il territorio. L’Ipogeo del Belvedere, già attestato nel XVIII secolo, si sviluppa, dopo un brevissimo corridoio, per una lunghezza di 15,5 m circa. Su di esso si aprono sei nicchiotti, uno dei quali dotato di un silos per la conservazione degli alimenti.
La scultura etrusca in Valdera: i cippi funerari in marmo.
Il gruppo di cippi conservato all’interno dell’Ipogeo del Belvedere costituisce un “campionario” molto rappresentativo di un tipo di monumento funerario piuttosto diffuso nei territori delle città etrusche di Pisa e Volterra. A Pisa, attorno alla metà del VI sec. a.C., alcune botteghe di scultori iniziano a produrre manufatti da impiegare come segnacoli per tombe a tumulo.
A monumenti di maggiore impegno, come quello della Figuretta a Pisa, si aggiungono cippi di dimensioni più piccole, come le basi con teste di ariete e parte superiore a bulbo, e gli esemplari del tipo a clava, come quelli diffusi nella Media Valdera.
Quest’ultimi erano impiegati come segnacoli per tombe singole, costituite da una fossa, che conteneva l’urna cineraria e gli oggetti del corredo, e da un piccolo tumulo, sul quale si collocava il cippo. Il materiale impiegato, marmo apuano, ci rivela alcuni aspetti dell’organizzazione di questa produzione: gli Etruschi di Pisa erano infatti in grado di estrarre marmo dall’area della Versilia, trasportarlo presso le botteghe attive in città e di commerciare i prodotti finiti in una vasta area che comprendeva, oltre al proprio territorio, anche quello della vicina Volterra.
I cippi più antichi (metà del VI-V sec. a.C.), sono caratterizzati da un piccolo rilievo (umbone) in corrispondenza della parte superiore; negli esemplari di maggiore pregio, come quello rivenuto in loc. I Poggiarelli, è presente un fregio con foglie a forma di cuore.
La produzione prosegue tra IV e II sec. a.C., con cippi di dimensioni inferiori, dotati di grossi umboni e realizzati impiegando un marmo di colore grigio. In questo stesso periodo la notevole diffusione delle tombe a camera ipogea comporta una riduzione della “domanda” per questi manufatti destinati a tombe singole.